Sempre più spesso si sente parlare di urban farming come di una tendenza in costante crescita in tutto il mondo. Per urban farming si intende la coltivazione di prodotti alimentari in contesti urbani. Questa attività viene svolta in varie modalità e in diverse soluzioni: dal proprio giardino o dal proprio balcone, anche con soluzioni verticali, fino ai tetti di uffici e grandi edifici. Questa tendenza si è fatta ancora più forte dopo la pandemia, che ha ridisegnato non solo l’approccio verso un cibo più sano ma anche al tempo trascorso fuori casa e al contatto con la natura. Inoltre, le sfide legata alla disponibilità di prodotti alimentari si fanno sempre più ardue. Secondo le proiezioni dell’ONU*, entro il 2050 il 68% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane. Lo sviluppo dei contesti metropolitani e la crescita demografica porteranno ad affrontare inevitabili problemi come la scarsità di cibo, sia in termini di qualità che di quantità, e la progressiva riduzione di aree verdi vaste e coltivabili. L’urban farming, quindi, sembra delinearsi come una vera e propria necessità. Oltre a favorire un più agile approvvigionamento di cibo, l’urban farming permette la produzione di frutta e ortaggi freschi, a chilometro zero e con un conseguente risparmio nei costi di trasporto e conservazione. Infine, l’urban farming può avere un importante valore sociale ed economico per le popolazioni in via di sviluppo. Ed è proprio in questa direzione che opera la FAO, che da anni sostiene concretamente i paesi a basso reddito fornendo formazione, strumenti e incentivi per l’avvio di orti cittadini**. Questo aiuto si traduce in più facile accesso al cibo per le famiglie coinvolte e in reddito ricavato dalla vendita dei prodotti.
*Fonte: ONU, World Urbanization Prospects 2018
**Fonte: FAO, Agricoltura urbana: produrre cibo in città più verdi